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Charles


  
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Passarono alcuni giorni, nessuno aveva visto Charles e io iniziavo a chiedermi se questo personaggio
che tutti consideravano uno squilibrato, fosse attendibile e utile per la mia indagine.
Poi un mattino mentre bevevo un pernaud al bar della piazza e leggevo il giornale, improvvisamente mi è comparso davanti.
- Perché che mi stai cercando. Cosa vuoi? -
Rimasi più stordito dalla sorpresa per quella presentazione non proprio cordiale
che dalle sembianze di quell'uomo.

L'aspetto era trasandato, la barba di tre giorni, i capelli unti, i vestiti sporchi e puzzolenti. Purtroppo era proprio come me l'ero immaginato, ma non come lo aveva descritto Andrée perchè Charles non aveva sicuramente gli ottanta e più anni che lei gli vedeva addosso.
Per come la vedevo io non poteva che averne più di sessanta, sicuramente malportati a causa di una postura stravagante, che aveva assunto da anni
e che si traduceva nel trascurare risolutamente ogni cura del proprio aspetto.
Non era di sicuro un barbone, ma sembrava volerlo essere.
Accettò di sedersi al mio tavolino ma continuava a guardarmi storto.
Allora chiesi un pernault anche per lui e quando lo vidi più tranquillo volli presentarmi. Si dice che celare il proprio cuore è un cattivo mezzo per conoscere quello degli altri e sulla base di questa teoria avevo deciso di spiegargli tutto, chi ero, perchè ero lì, chi era mio nonno e perchè ne stavo seguendo le tracce, il divorzio, la musica..tutto.

Mi ascoltò in silenzio manifestando la massima attenzione, anche se sembrava più attratto dal mio gesticolare italico, che dagli argomenti trattati durante quella lunga presentazione.
- Ecco il mangiaspaghetti mandolino e serenate - immaginai che pensasse.
- E poi sarà pure un mafioso, tutti gli Italiani sono mafiosi. E fascisti. -

Allora non sapevo ancora che la sua avversione per l'Italia e i suoi abitanti aveva radici antiche,
alimentate principalmente da vecchi rancori famigliari, più che da ragioni politiche o storiche.
Ma ci arriveremo.

Dopo aver chiarito in modo esauriente le mie origini e i miei propositi rimasi in silenzio, in attesa delle sue parole. Ma anche Charles rimase in silenzio. Mi guardava, o meglio, mi osservava con attenzione.
Forse anche lui valutava l'idea che potessi essere un truffatore,
un millantatore, o più semplicemente uno matto da legare.
Quando finalmente parlò si rivelò come persona schietta e decisa, ma non disse quello che avrei voluto ascoltare.
- Adesso è ora di pranzo e io ho devo incontrare una persona al bistrot delle due sorelle per sistemare un certo affare che non ti riguarda. Se decidi di seguirmi, quando avrò sistemato la mia faccenda, avremo tutto il tempo per parlare di tutto, ti racconto la mia storia e vedrai che la troverai molto interessante,
perché se sei quello che dici di essere, verrai a scoprire una realtà che neanche ti immagini.
Considerando queste promesse non ci misi molto per decidere di seguire quell'uomo malandato.
Del resto in quel momento non avevo altre piste per ricostruire la vita che Adrian aveva condotto tra Francia e Germania in quegli anni remoti; con l'aiuto di Andrée ero riuscito a consultare il magrissimo archivio storico-anagrafico del comune di Combray, ma non risultava che fossero registrati residenti di nazionalità tedesca tra il '20 e il '30.
- E in ogni caso l'archivio comunale è sopravvissuto a due guerre e un incendio e questo dovrebbe chiarirvi i motivi per cui lo definite frammentario e lacunoso - mi disse allora un'acida impiegata comunale che pensai potesse essere parente delle due ragazze impiegate al museo, le nipoti di Annie.
Anche Albertine si era data da fare perché aveva chiesto a tutti in paese se qualcuno ricordava di aver sentito dal padre o dal nonno qualche ricordo sulla presenza di un musicista tedesco.
Niente, non era uscito fuori niente.
E così mi ritrovai al bistrot delle due sorelle, seduto a tavola con Charles, per capire se avevo di fronte un ciarlatano, uno squilibrato o il grande uomo di cui parlava il libro di Silvana.
Mentre valutavo queste ipotesi, Charles si era fatto portare una bottiglia di Sancerre e una zuppa di cipolle. Quando iniziò a mangare gli chiesi perché non aspettava l'amico che doveva incontrare a pranzo ma lui rispose con grande naturalezza che non aspettava nessun amico e per essere ancora più chiaro aggiunse ridendo che lui non aveva amici. Il mio barometro delle ipotesi vide allontanarsi la lancetta da "grande uomo" e posizionarsi al centro tra i valori "ciarlatano" e "squilibrato".
Lo guardai con un certo dispetto mentre si dedicava alla sua zuppa di cipolle e gli dissi piuttosto ruvidamente che lo avevo seguito per sentire la storia che mi aveva annunciato e adesso era il momento di parlare o me ne sarei andato, perché aveva già perso abbastanza tempo con uno sconosciuto che si divertiva a fare il misterioso e il reticente.
Mi rispose solo dopo avere consumato alcune lente cucchiaiate della sua zuppa,
- quando mangio non parlo. E nessuno mi deve parlare.
Era un personaggio davvero esasperante e mi rassegnai ad aspettare in silenzio che finisse il suo piatto di cipolle, a cui seguì una giganesca entrecote con patate e per chiudere macarons al pistacchio.
Charles era magro come un chiodo e la voracità con cui divorava ogni cosa mi fece pensare che non mangiasse da giorni. Lo immaginai a casa con tutti i suoi cani mentre mangiava con loro dentro piatti sporchi.
Charles mi stava prendendo in giro, ne ero sempre più convinto e inoltre lo trovavo ripugnante.
Rimasi ad osservarlo mentre trangugiava voracemente tutto quello che gli portavano e intanto sentivo montare dentro di me una rabbia irrazionale per tutto il tempo che quell'uomo irritante mi aveva già fatto perdere tra ricerche, inviti, richiami, attese.
Dopo aver finito con tutta calma il suo pranzo lo vidi alzarsi e andare verso il bancone, dove alla cassa c'era una delle due sorelle.
-Se mi presti due bicchieri mi porto via un'altra bottiglia di Sancerre. Il conto lo paga il mio amico, l'Italiano.-
Poi tornò verso di me con quel suo passo malfermo e strascicato, che insieme a tutto il resto contribuiva ad alimentare la mia irritazione nei suoi confronti.
- Paga il conto e raggiungimi sulla riva del fiume, dove vi fumate gli spinelli tu e le tue amiche lesbiche.
Così ci beviamo questa bottiglia e parliamo -.
Mi chiesi da quanto tempo e per quale motivo quell'uomo mi stava spiando, la mia collera continuava a crescere e per ritrovare la calma non trovai di meglio che praticare una sorta di respirazione diaframmatica, come mi aveva insegnato Silvana. Lei è convinta che rallentare i battiti del cuore, oltre che per allungare la vita, può essere di grande aiuto per ridare lucidità e coerenza al pensiero e in quel momento di grande disordine emotivo sperai che avesse ragione. Così, avviandomi alla cassa per pagare il SUO conto volli pensare che quel riferimento agli spinelli non fosse altro che l'elaborato degli innumerevoli pettegolezzi che alimentano la vita di tutti i paesi di provincia, dai mille occhi curiosi dietro persiane chiuse quel tanto che basta a nasconderli.
 
  
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