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Charles II


  
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Corsi dietro a Charles che in quel pomeriggio radioso si era incamminato con passo ballerino lungo la Vivonne per sedersi proprio sulla riva, dove molte sere prima mi ero trovato in compagnia delle "fanciulle in fiore"
per fumare qualche spinello, come quello svitato si era compiaciuto inopportunamente di sottolineare.
Aprì la bottiglia e mi passò un bicchiere. Volle per forza brindare e mi sentii quasi costretto a bere il vino che mi aveva versato. Poi, dopo un lungo silenzio che impiegammo ad ascoltare il fiume, Charles finalmente iniziò a parlare.

- Adesso ascoltami bene, Italiano. Questa mattina mi hai raccontato la tua storia, adesso tocca a me parlare.
E non mi interrompere! Se mi fermi perdo il filo, mi viene il nervoso e vado via.

La mia famiglia non è originaria di queste parti. Noi veniamo da Parigi.
E' stata mia nonna a decidere di venire a seppellirsi in questo mortorio. Per aiutarti a capire come era potrei farti la caricatura di una giovane idealista appassionata e un molto impulsiva, pronta a battersi per qualsiasi teoria che in quei tempi fosse considerata radicale e massimalista. La lettura di "Walden" di Thoreau, (lo so che non ne hai mai sentito parlare, ma stai zitto, era un racconto di gran moda in quel periodo), insomma quel libro faceva proprio al caso suo e le mise in testa l'idea malata che lo scopo della sua vita in fondo, non era altro che quello di costruire un rapporto più intimo e cordiale con la natura.
Così chiuse la sua casa di Parigi per trasferirsi in campagna, e più precisamente qui, a Combray, perché aveva ereditato parte di una grande tenuta da un lontano zio che non aveva mai conosciuto, un uomo che in paese era era stato oggetto di grande considerazione e tutti conoscevano come "l'ingegnere Legrandin, di Parigi
Anche Proust ne parla nel suo libro, e non in termini troppo lusinghieri.
In ogni caso l'essere imparentata con la famiglia Legrandin-Cambremer, abitare la loro antica tenuta e riportarla in vita, assicurò alla nuova arrivata il rispetto generale e l'invidia di tutti.
Poco dopo il suo insediamento Jeanne, (così si chiamava mia nonna), iniziò a riformare con energia l'intera organizzazione agricola del podere, in base alle nuove teorie del trascendentalismo americano, mentre tutto il paese la osservava e rideva sotto i baffi. Sottolineo trascendentalismo per farti capire che uso anche i paroloni quando voglio; il fatto è che sono più colto di te, non ti devi offendere. E più lucido di tutti questi bifolchi che mi credono uno scimunito.

Comunque per riprendere il racconto, tutto filò liscio per un paio di anni.
Finché un giorno Jeanne conobbe uno straniero, un tedesco che bighellonava a Combray già da parecchio tempo, e adesso stai attento perché qui arriva la parte che ti interessa. Mia nonna era una donna generosa e passionale e ci mise un amen a innamorarsene. Vissero come amanti per parecchi anni mentre il paese ribolliva sempre più di sdegno e condanna per quella condotta disonesta e sconcia, un'indecenza che non si era mai vista da quelle parti.
Che poi non era vero, perchè qualche anno prima a Mont-jouvain ne succedevano di tutti i colori con la figlia di Vinteuil e le sue amiche, tutti lo sapevano e fu proprio il biasimo feroce dell'intera cricca benpensante a far morire il padre di quella sporcacciona. Ma qui sono fatti così, il passato è passato ed è tutto un gran darsi da fare per annientare il prossimo più a portata di mano, quello contemporaneo. Per fortuna i due amanti se ne sbattevano serenamente di pettegolezzi, insulti e occhiatacce, proprio come oggi fanno le tue amiche, quelle che hanno il negozio di ciarpame contraffatto.
Jeanne e il suo amante tedesco vissero beatamente per alcuni anni, amoreggiando senza nascondersi quando ne avevano voglia, ma mantenendo ognuno la sua casa e una certa indipendenza. Tutto andava bene finché nel 1928, una delle poche date che mi ricordo perchè è l'anno di nascita di mia madre, fu evidente a tutti che Jeanne era incinta.
Durante tutto il periodo di gestazione le anime più miserabili e meschine della municipalità si presero il tempo per organizzarsi e preparare la sollevazione generale di tutta Combray che sarebbe scoppiata in coincidenza con il parto e la nascita di mia madre. La macchia intollerabile di avere ostentato per anni un rapporto libertino e scandaloso veniva ad aggravarsi con il concepimento di una creatura illegittima con un boches, un nemico che pochi anni prima era venuto a devastare quelle terre per impadronirsene senza riuscirci ma lasciando dietro di sé solo morte e distruzione.
La somma delle diverse colpe saldò l'ala bigotta e bacchettona a quella nazionalista e patriottarda del paese nello scopo unitario di cacciare i due scostumati (che a quel punto erano diventati tre). La strategia per ottenere la loro resa era quella di rendere loro la vita impossibile. In mille modi.
Le provarono tutte, dal togliere il saluto ai due sciagurati, ai piccoli furti, dispetti, atti vandalici, per non parlare delle numerose lettere anonime di minacce o insulti che ricevevano ogni giorno. Qualcuno tentò persino una causa legale per mettere in dubbio la legittimità del testamento di Legrandin. Ma non ci fu nulla da fare. I due rimanevano indifferenti alle bassezze del blocco reazionario, continuando a condurre serenamente la loro vita di sempre. La tragedia vera per mia nonna scoppiò solo quando il tedesco abbandonò senza spiegazioni e per sempre lei e la figlia che avevano in comune, mia madre, che allora aveva due anni, per tornarsene allegramente da dove era venuto.
Quell'uomo, come avrai capito se non sei proprio stupido, si chiamava Adrian Leverkuhn ed era il mio maledettissimo nonno.
Quest'ultima frase completò la sua esposizione e Charles si versò un altro bicchiere di Chablis per godersi con calma tutto il mio smarrimento. Io non sapevo se ridere, piangere, dargli credito o buttarlo nel fiume. Rimasi a lungo senza parlare e poi come succede ogni volta che mi trovo in mezzo a una tempesta emotiva dissi la prima cosa che mi venne in mente, che in tutti questi casi è sempre la più stupida.
- Allora siamo cuginastri. Se fosse vero quello che mi racconti, cioè che tua madre e mio padre erano fratellastri, allora noi siamo cuginastri.
Provai anche ad aggiungere una mezza risata ma la reazione di Charles fu tanto gelida da spegnermela sul nascere.
Poi riprese a parlare.
- Vedo che questa storia ti ha sorpreso tanto da metterla in dubbio. Non pensare che io sia rimasto meno sorpreso quando questa mattina mi hai spiegato che Leverkuhn non tornò in Germania per dedicarsi a tempo pieno all'adorazione di Satana, come si diceva in paese, ma per formare un'altra famiglia, per fare un altro figlio con una donna italiana a cui era legato prima di conoscere mia nonna.
In realtà mia madre aveva sentito da gente di Monaco che Leverkuhn, (fatico a chiamarlo nonno perché non l'ho mai conosciuto), era diventato famoso in tutta la Baviera, per le opere che aveva scritto qui, quando stava con lei. E qualcuno le aveva detto che era legato da tempo ad una donna italiana conosciuta a Roma quando era giovane.
L'ho vista piangere tante volte dopo esserne stata informata, io ero solo un bambino ma il ricordo di quelle lacrime dovrebbe spiegarti bene le la poca simpatia che provo quando incontro un italiano. Oltre al fatto che siete tutti corrotti, mafiosi e fascisti. Ma questo te l'ho già detto.
Dopo queste ultime parole calò il silenzio. Restammo seduti a guardare il fiume e a finire quella bottiglia.
Riuscii a riscuotermi e a reagire solo quando stava incominciando a diventare buio.
- Adesso voglio andare a casa perché voglio restare solo. Ho bisogno di pensare - gli dissi.
- Ma non sparire. Voglio ancora parlare con te, ho ancora molte domande da farti.
E poi, visto che siamo quasi parenti è giusto che ci teniamo in contatto.
Mi resi conto mentre la dicevo che quest'ultima frase era parte del vasto repertorio di stronzate che mi uscivano fuori solo nei momenti più difficili. Mi rispose che ormai sapeva dove trovarmi, che prima o poi sarebbe venuto a cercarmi nel negozio delle ragazze, così avrei potuto offrirgli un altro pranzo.
 
(Percorso Musica)
Lo studio 62 è un frutto delle mie fantasie oziose sulle rive della Vivonne.
Lo sviluppo armonico presenta una semplice modulazione in progressione.

F B° - Am Dm C - G7 C
IV VII - VI II I - V I
  IV
A batt 2 il B° può naturalmente essere inteso come G#°, VII di Lam, su cui infatti risolve.
Quindi l'accordo diminuito viene inteso come dominante secondaria.
Il V di batt 4 propone una risoluzione naturale sul I (C) che può essere inteso come I di C o IV di G.
Sarà quindi l'accordo perno tra le due tonalità (C e G).
Alla fine di queste due modulazioni a catena c'è un ponte che riporta all'armonia di partenza.
Che questa volta viene sviluppata dai fiati (avevo voglia di tornare al contrappunto).

  
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