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Nr 18 - Le intermittenze del tempo

Todtenschlaule Aprile 1916

Il buon vecchio Cursius che mi chiedeva di essere presentato
a Mann da quando lesse "Morte a Venezia", non ha più smesso di dimostrarmi la sua riconoscenza dopo la cena che ho organizzato due anni fa per promuovere quell'incontro.

Curtius viaggia molto, studia e scrive; si sta preparando per la lunga carriera accademica che sarà sicuramente nel suo futuro e si dimostra molto più attrezzato di me in tutti gli aspetti della vita ordinaria.
Lui sa quello che vuole e al contrario di me sa dove trovarlo

Per questo sono io, che ho un anno più di lui, a chiamarlo
"il buon vecchio Curtius", mentre lui che mi osserva spesso trafficare tra crome, ritardi, diesis e bemolle per tutto il giorno, mi considera uno spirito piuttosto bizzarro e forse poco maturo. Si preoccupa e in fondo è convinto che la mia vocazione per la musica si manifesti soprattutto nella mia assenza di vocazione per tutto il resto.

Ernst Robert Curtius
Ma mi è molto affezionato e quando gli ho raccontato che per me era stato un grande piacere studiare lo spartito di Hahn contenuto nel libro dello scrittore francese, ma con rammarico avevo dovevo rinunciare al testo di Proust perché non ero così padrone di quella lingua, si è impegnato senz'altro a tradurmi quelle pagine in tedesco perché anch'io possa goderne e distrarmi dai miei "tediosi" studi musicali.

Questo proposito lo ha spinto a immergersi nella lettura e poi nello studio di quello scrittore per lui sconosciuto. E questa felice serie di coincidenze fortunate, gli ha permesso
di individuare un grande talento.
Anche io, pur avendo un orecchio letterario molto meno pronto del suo, riconosco in quelle pagine un uomo con una grande sensibilità artistica, un letterato che conosce la musica a fondo, e ne ha una comprensione tanto chiara da riuscire quasi a trasferirne l'incanto in frasi e periodi testuali.

Ancor più delle pagine su Chopin, Schumann, Mozart, del suo libro mi ha fatto riflettere uno scritto intitolato "elogio della cattiva musica", dove Proust osserva tra l'altro, come molti ritornelli insopportabili per ogni orecchio educato, "abbiano accolto in sé i tesori di migliaia di anime, conservato il segreto di migliaia di vite".
Lo scrittore sostiene in pratica che la musica cattiva, in rapporto a quella buona, conserva il primato incontestabile della diffusione e quindi la virtù di alimentare da sempre
i sogni e le lacrime appassionate di uomini e donne
di ogni epoca e classe sociale.
illustrazione da "i Piaceri e i Giorni"
 

Una osservazione forte e provocatoria che solo un letterato attento e di buon orecchio poteva fare. Non certo un musicista.
Ma sono rimasto impressionato dalla sua evidenza.

Così il buon vecchio Curtius che adesso, come i suoi amici francesi, definisce il Piacere e i Giorni "un bel cesto fiorito", mi ha proposto la lettura comune del nuovo romanzo di Proust,
Du côté de chez Swann, che l'autore ha pubblicato a sue spese tre anni fa. Il caso che Proust non abbia trovato un editore per questo libro non indebolisce affatto le certezze di Curtis sul suo valore.

Inoltre da quando ha letto sul Figaro che questo testo non sarà che il primo volume di un progetto letterario molto ampio e unitario, che ha già un nome, A la Recherche du Temps Perdu, Curtius ha deciso di iniziare uno studio critico profondo su tutta la produzione di questo autore promettente.

Leggerlo e tradurlo davanti a me gli servirà per conoscerlo, studiarlo, approfondirne il pensiero e indagare sulla sua facoltà di trasferirsi in parole e poi frasi, che non ne alterano la profondità e la meraviglia.
Ho capito che ha in mente di scrivere un saggio su questo autore, è eccitato all'idea di essere il primo critico a proporlo in Germania ed è davvero convinto che Proust stia inventando
una nuova lingua letteraria, in uno stile originale e moderno,
che sembra vincere le più ostinate resistenze della forma testuale.
(fine testo di Adrian)  
Molte delle pagine che seguono queste, sono illeggibili
o cancellate dall'umidità, ma i pochi passi decifrabili
e i numerosi racconti di cui ho memoria mi permettono
di supporre che Adrian iniziò davvero con Curtius
la lettura di questo romanzo.
Un'esperienza che affrontò in un primo momento con spirito scettico, a volte annoiato per la tortuosità del testo e altre volte impaziente per le evidenti difficoltà che incontrava Curtius nel garantire una traduzione rigorosa.

Ma con il procedere della lettura Adrian finì per condividere il consenso dell'amico e il suo entusiasmo, che vedeva crescere pagina dopo pagina, dove Curtius ricobbe e definì con sicurezza dai primi capitoli di quell'opera, forse già dall'episodio dei campanili di Martinville, "la ricognizione che un'anima ordinaria fa dell'anima profonda", come ebbe poi modo di scrivere nel suo saggio più conosciuto su Proust.

Adrian non sapeva ancora che il prestigio di Curtius come critico letterario sarebbe derivato proprio dall'avere presentato quel nuovo autore al mondo culturale di lingua tedesca,
ma partecipava del suo fervore contagioso quando lo vedeva interrompere la lettura e annotare le prime impressioni su quel grande scrittore:
"sembra avere scoperto un nuovo filone di cose da descrivere, incanti nuovi che avevano resistito alla descrizione verbale finché lui li acquisisce come episodi principali della sua opera".

I campanili di Martinville




Così diceva Curtius mentre Adrian osservava ammirato la costruzione di quel pensiero analitico e forse gli venne da pensare che anche il critico si trova a lottare con il divino, come Giacobbe, e l'angelo questa volta è il poeta stesso,
che per sua natura non permette un accesso facile e incustodito alla sua opera.
Curtius gli insegnò a leggere guidandolo alla ricerca di qualcosa che il testo nasconde, e che può essere messo in luce solo cercando ancora, cercando oltre quello che il testo esprime in modo esplicito. 
Fu così che grazie all'amico critico, alla sua attenzione concentrata, associata ad un certo gusto indiziario e a un grande talento interpretativo, Adrian ad un certo punto della lettura venne folgorato dall'intuizione che la musica non è la sola arte
in grado di esprimere l'indicibile, come aveva sempre pensato.

A Proust era riuscito il sortilegio di sottrarre alla musica il suo bene più prezioso: Adrian dubitava ancora che "l'indicibile" possa essere detto ma capì che poteva essere scritto.

Immagino che alla fine della lettura del primo volume di quell'opera Adrian iniziò a pensare che era necessario per lui e per la sua arte, conoscere l'autore e gli spazi descritti in quelle pagine straordinarie.
Fu così che iniziò a progettare un lungo soggiorno in Francia.

Fantasticava di vedere i luoghi di quell'autore che era riuscito a dimostrare di saper distillare l'essenza di una città mai vista, unicamente dalla sonorità del suo nome, da una vecchia fotografia o forse elaborando impressioni e ricordi che magari non erano neanche suoi.

Voleva vedere Combray con i suoi occhi e sperava addirittura di conoscere Swann, ignorando che quell'uomo non era più di questo mondo dai primi del novecento.

Voleva vedere i biancospini e cercare quelle rose del Bengala, note per la singolare virtù di indurre il passante frettoloso
a tornare sui suoi passi per poterle osservare ancora.
Forse Adrian decise di visitare quel paese
perché voleva verificare se l'influenza e le suggestioni di quei luoghi di seconda mano, perché gia tradotti in un linguaggio artistico potente e persuasivo, conservassero ancora una carica emotiva sufficiente per trasferirsi e alimentare anche la sua arte.

Biancospini
Ma purtroppo quelli erano anni di guerra, della Grande Guerra,
e per un tedesco andare a Parigi in visita privata era diventato un proposito impraticabile.
Proust allora passeggiava sotto le bombe dell'esercito tedesco ormai arrivato a pochi chilometri da Parigi, e continuava la sua vita di tempo perduto in serate e incontri mondani, alternando però a questa una vita nuova e parallela di tempo ritrovato, dove scriveva e organizzava l'architettura di quella sua opera che molti definirono una cattedrale e Adrian finì per intendere come una grande sinfonia.

Mio nonno dovette quindi rimandare quel progetto a tempi più propizi e i tempi si dilatarono tanto che prima di quel viaggio Adrian ebbe modo di leggere con Curtius , il secondo volume della Recherche, All'ombra delle fanciulle in fiore,
che nel 1919 vinse il premio Goncour.
Il premio offrì a quel nuovo capolavoro la diffusione necessaria per arrivare, nonostante la guerra, nelle mani del buon vecchio Curzius, che prevedendo la tragedia della guerra, aveva saputo mantenere stretti legami con il suo libraio parigino.
Intanto Adrian si era messo a studiare con passione
la lingua francese in preparazione di un viaggio ormai imminente che sentiva scritto nelle sue stelle.
(seguono altre pagine dal quaderno n°18)

Todtenschlaule Marzo 1920

Domenica prossima partirò finalmente per Parigi.
Curzius grazie alle sue buone relazioni, ha trovato per me un piccolo appartamento in affitto proprio nel Fauburg Sain Germain.

Spero di incontrare subito Gaston, il violinista del quartetto Poulet che ho conosciuto a Monaco in occasione della loro esibizione.
Siamo diventati amici e credo che possa aiutarmi a incontrare Proust perchè gli è capitato di suonare proprio a casa sua
e lo conosce bene. Un concerto, mi ha raccontato tra le risate, che il quartetto ha tenuto solo per lui in una sitazione piuttosto insolita perchè lo scrittore non solo era l'unico spettatore, ma sembrava dormire.

Quartetto Poulett

Gaston si è impegnato per introdurmi allo scrittore perchè é sicuro che Proust non rifiuterà di ricevere il giovane e promettente compositore tedesco del quale si parla in molti salotti.

Ma prima di questo incontro ho deciso di visitare la Combray della strada di Swann e la Balbec delle fanciulle in fiore.
In quei luoghi troverò il tempo di concentrarmi per finire finalmente Luci del Mare e iniziare due lavori nuovi che mi girano per la testa e mi suonano nelle orecchie da parecchie settimane.

Vivo un momento creativo molto ricco e l'incrocio della mia arte con la letteratura sembra che alimenti e stimoli certe idee melodiche, che ora si annunciano come intermittenze
di tempi e modi musicali che non sapevo di conoscere
e che si presentano curiosamente come ricordi di avvenimenti
che non credo di avere vissuto nella vita reale,
suggestioni, come dice il buon vecchio Curtius.

Mi aspetto molto da questo viaggio,
sono pronto a ricevere tutto quello che quei luoghi hanno conservato come testimonianza del genio artistico che li ha tradotti in parole per trasferirli nella sua opera.

A volte penso che se sono traducibili in parole saranno sicuramente traducibili anche in note.
Linee melodiche, blocchi di accordi, arpeggi?
Tutto richiede una verifica. Per questo ho deciso di partire.


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