Questa elaborazione inverte il modo delle due frasi dello studio 51A,
ovvero la prima frase questa volta è in modo maggiore e la seconda nel modo minore.
Non ci sono altri cambiamenti significativi, perchè i gradi raggiunti
sono ancora quelli dello studio precedente.
Le modulazioni, rapide e quasi di passaggio, si realizzano ancora attraverso il V o VII grado
(della tonalità di arrivo).
La forma è naturalmente una forma-studio, molto sbilanciata e priva dell'equilibrio raccomandato.
Ma ascoltandola sento ardere una piccola fiamma sepolta e soffocata,
l'avverto nella divisione ritmica del piano, nell'attacco degli archi e in qualche pausa imprevista.
Non è stato semplice perchè rendere gli archi campionati in modo accettabile
è stato un processo davvero lento e laborioso.
Mi accorgo che scrivere tenendo conto della risposta del suono campionato,
introduce regole nuove, prescrizioni e accorgimenti che sarà necessario approfondire
visto che questa musica assume come unico media di distribuzione la rete.
E' la rete che ne consente il consumo e si offre come palcoscenico
per una platea vastissima ma spesso irraggiungibile o sorda.
A volte penso a questo luogo come a un cinema dove si proiettano bellissimi film
ma con il grave inconveniente che non viene mai spenta la luce in sala.
Il fatto che questa musica non preveda di essere suonata dal vivo
introduce nuove variabili, ovvero se la musica non è costretta
a rispettare una condotta che ne garantisca l'eseguibilità
può liberarsi, secondo la logica, di molte regole e prescrizioni
nate per garantirla.
In pratica però le cose stanno diversamente;
io lavoro volentieri con insiemi di fiati o archi anziché sperimentare nuove sonorità elettroniche
perchè ritrovo in quei timbri un potere evocativo universale,
la forza emotiva di un linguaggio comune
che è nella coscienza musicale di tutti.
E qualcosa di analogo penso che regoli la percezione di eseguibilità,
di cui aspettiamo una sicura conferma dalla musica che ascoltiamo
perché ci garantisce un ascolto senza i fastidi e i disagi
che una musica non eseguibile dallo strumento per cui è stata scritta
porta con se fino al nostro orecchio,
un disagio tanto acuto da spingerci a volte, verso l'uscita dall'incanto musicale.
Ignorare questa percezione credo che porti a risultati antimusicali
e non è la strada che intendo percorrere.
Il mio proposito finora è stato quello di ottenere un ascolto accettabile
che se pur molto convenzinale, privo di anima e respiro,
che si presenti come anteprima e si offra come strumento utile alla comprensione della partitura.
Uscire dalla forma studio vorrà dire anche lavorare sul respiro e sull'espressione.
In questo studio introduco per la prima volta gli accenti su alcune note.
Mi sono dimenticato di segnalarli ma prossimamente lo farò
Anche questo è un procedimento da sviluppare con attenzione
per le nuove possibilità ritmiche che può offrire.
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La forma, come dicevo, è una forma-studio e si compone di:
sezione A e B con Pianoforte-solo, fino a batt
12.
Da batt
13 si ripetono la sezione A e B con un trio di archi accompagnati da un piano in sordina.
E a battuta
25 si ripetono per la terza volta le sezioni A e B a cui si aggiunge una linea melodica di piano,
che non è in sordina come l'accompagnamento ( non sarebbe eseguibile da un solo piano) e che contrappunta (troppo debolmente) con gli archi che presentano scarse variazioni.
Come al solito il finale è improvviso e affrettato.
Del resto la dimensione di questa forma è quella della miniatura
che si compone di contenuti musicali interessanti ma non sviluppati.
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