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E così, dopo avere risolto il problema della casa e del lavoro posso tornare al mio progetto, il Diario.
Ho portato a termine la pubblicazione dei Quaderni,
che contengono una completa esposizione del nostro sistema musicale
e ora voglio verificare la validità di questi principi,
capire se divieti e prescrizioni possano ancora considerarsi leggi univerali
o se anche queste sono soggette al continuo logorio che altera le cose, i luoghi, i sentimenti,
e che impone un continuo rinnovarsi di tutte le forme artistiche.

Ma in realtà, quando mi trovo seduto alla scrivania,
davanti alla finestra che affaccia sul mercato della piazza,
mi sorprendo sempre più spesso a fantasticare sulla vita di mio nonno
e anzichè arrovellarmi su sottodominanti e risoluzioni interrotte,
mi metto a rivoltare il baule degli scritti di Adrian salvati dalla nonna,
per trovare memorie e note biografiche che mi aiutino a ricostruire e decifrare la sua vita reale,
quella che viene taciuta nel Doctor Faustus.

Per fortuna negli ultimi anni della sua vita,
mia nonna era diventata una grande narratrice.
Sapeva che con la sua scomparsa sarebbe andata perduta per sempre
quell'epopea fantastica che avava avuto la fortuna di attraversare
e che ormai sopravviveva solo nei suoi ricordi.
Così iniziò a trasferirli con cura nella mia mente di ragazzo e poi di uomo.

E' andata proprio così,
mentre guardavo la pioggia che cadeva piano
ho capito che la nonna aveva sperato di poterli salvare
depositandoli nei magazzini della mia memoria,
dove sono poi rimasti inattivi per molti anni.

Quella intuizione mi ha subito portato a verificare
di poterli ancora richiamare interamente, ed è così.
Ma mi ha subito allarmato il pensiero che con il tempo possano tornare sempre più opachi o lacunosi.

Così ho deciso di scriverli, per salvarli definitivamente
e perchè la storia che raccontano merita di essere ricordata,
anche se può sembrare un'operazione spericolata e per certi versi assurda
quella di voler salvare i ricordi in formato testo.

Ecco quindi di seguito, cosa mi è rimane di quei racconti.
Ho deciso di pubblicarli anche su questo spazio perchè solo questa premessa può spiegare
le decisioni sofferte e gli avvenimenti che si sono realizzati
in seguito ad un passato ormai remoto, quello che stò per raccontare.


Il tempo dei grandi incontri: Herman Hesse


 

 

Ultimata la compilazione dei Quaderni
Adrian e si concesse una lunga pausa,
il riposo prima della battaglia, diceva,
forse perché avvertiva
che tutti i procedimenti musicali
indagati fino a quel momento
non erano che un'introduzione
alla ricerca che intendeva compiere,
una premessa importante e fondativa
che andava digerita e assimilata con il tempo,
con la meditazione e con la pratica.

 

Adrian aveva allora ventuno anni, e passava i suoi giorni ascoltando le più interessanti lezioni
che molti grandi pensatori di quei tempi
tenevano all'Università di Lipsia.



Come è noto si era trasferito nella importante città universitaria con quel sano proposito e presto entrò in relazione con molti studenti e alcuni docenti di quella prestigiosa fondazione.

E' con alcuni di loro che l'anno seguente partì per le pallide rive del lago Costanza, in occasione delle vacanze estive e con il vago proposito di fare visita ad un amico di alcuni membri di quel gruppo che si andava allora formando, un libraio di Basilea che forniva l'Università di libri antichi e rari e che in quegli anni si era trasferito con la moglie a Gaienhofen, un rustico villaggio su quel lago tranquillo, con la ferma intenzione di dedicare tutto il suo tempo alle lettere e all'arte.

Quel libraio era Hermann Hesse, e l’incontro tra lo scrittore
e il musicista contribuì in modo determinante a definire la direzione che prese la vita di entrambi.
Fu così che il 1908 aprì con quella combinazione fortunata
il periodo più socialmente attivo di Adrian
che un moto naturale spingeva a cercare e a individuare con rara lungimiranza molti artisti che come lui sarebbero poi diventati testimoni e autorevoli portavoce di quei tempi difficili.

Con alcuni aprì relazioni importanti e costruttive
che cambiarono certamente il corso della sua storia personale,
e talvolta influirono nella storia culturale e nel pensiero
di quegli anni che preparavano le grandi guerre.

Come spesso succede quando la sorte ci regala questi incontri rari e fortunati, dalle prime parole scambiate con Hesse
il musicista riconobbe nello scrittore un simile e un amico, ricambiato del resto da Hesse a cui piacque da subito confidarsi con quel giovane appassionato e idealista.

I due conversarono a lungo
per tutti i giorni di quella lunga vacanza sul lago.
Hesse parlò diffusamente del suo Peter Camenzind appena pubblicato, lesse e commentò le più belle poesie
di una sua raccolta e interrogò spesso Adrian
sui più diversi aspetti musicali.

Lo scrittore aveva proprio in quei giorni iniziato un nuovo romanzo, "Gertrud" (pubblicato poi nel 1910) e raccoglieva avidamente informazioni e divagazioni sul tema della musica che nelle intenzioni dello scrittore sarebbe stato il tema dominante di quel racconto.

"..A partire dal mio sesto o settimo anno circa,
ho capito che di tutte le potenze invisibili la musica
era destinata ad avvincermi con maggior forza e a dominarmi.. Una melodia mi stava ad ogni ora nel sangue e sulle labbra, una cadenza e un ritmo nel respiro della mia vita.."

E’ naturale avvertire nelle parole
dello sfortunato musicista Erik Kuhn,
di cui il romanzo narra la storia,
l' eco di quelle conversazioni sul lago tra scrittore e musicista,
il ricordo delle intenzioni e dei propositi annunciati da Adrian
pochi anni prima e concepiti come preludio ai suoi Quaderni.

Ma lo sviluppo di Gertud impose poi al tema della musica
un piano più sfumato e lontano perché allo scrittore
interessava allora indagare il rapporto problematico tra arte e vita, mentre dovevano ancora maturare in Hesse le ricche suggestioni che quel giovane musicista ispirato sapeva alimentare durante i loro frequenti incontri

H.Hesse tornerà ancora molti anni dopo,
con "Il Gioco delle Perle di Vetro", a parlare di Adrian,
quel compositore che gli era diventato tanto caro
e che è facile riconoscere nella nobile figura del Magister Ludi Josef Knecht, nella sua storia, nel suo pensiero,
nel suo dire e infine nella sua tragica uscita di scena,
quando Knecht si immerge e scompare
in fondo a quel gelido lago solitario che Hesse definì poi
come metafora della pazzia finale di quel suo caro amico.

E' questa l'opera della maturità, l’ultimo romanzo completo di Hesse, pubblicato tre anni dopo la morte di Adrian, dove lo scrittore rielaborò le lunghe conversazioni e il ricco scambio epistolare con l'amico per riassumere e restituirci le conclusioni di quel musicista considerato spesso stravagante,
perché nei suoi ultimi anni rifiutò con forza
la semplice funzione di "svago o esercizio di nobile virtuosismo con cui veniva intesa l'arte della musica"
ed immerso ormai nel suo mondo privato ed escusivo
finì per intenderla e praticarla come ascesi
e pura esercitazione dello spirito.

Il Gioco delle Perle di Vetro infatti sarà ricordato da molti
come una raffinata e simbolica storia sulla ricerca della perfezione interiore.
Le pagine di questo libro sono per me una ricca fonte di nostalgie perché mi riportano ai racconti della nonna,
che ricordava spesso il proposito fantastico di Adrian
di costruire un grande telaio con alcune decine di fili
che funzionassero come linee di pentagrammi,
sulle quali muovere e organizzare perle di vetro
di diversa forma, grandezza e colore,
per formare citazioni musicali o improvvisazioni, e poi muoverle a piacere su quei fili e trasportarle, modularle, contrappuntarle.

Era questa l’idea originale del Gioco delle Perle.
Ricordo bene il piccolo telaio dorato che la nonna aveva conservato a lungo, prototipo di una grande visione, con cui la vidi intrattenersi spesso ordinando quelle perle colorate, trasognata e lontana. Come è noto Adrian non realizzò mai il grande progetto di costruire quel gioco di perle, ma lo trasferì nel tentativo di concepire un nuovo sistema di composizione, rispondente alle regole generali del Gioco.



E questo come sappiamo lo spinse a percorrere le strade incerte della dodecafonia,
che affrontò in un primo momento insieme al suo compagno di studi Alban Berg,
e in seguito da solo e sempre più preda di quella follia che lo portò a smarrire il cammino
sulle strade sperdute e senza meta della musica seriale.
Fu quella musica a portarlo alla follia o fu la follia che lo portò a quella musica?


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