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Studio 56-Tango
  

13 Maggio 2019

Da più di un mese lavoro in questa birreria ai piedi della collina torinese.
L'idea è quella di accantonare un po' di soldi che mi permettano
di andare a Parigi, Combray, Balbec, sulle tracce di mio nonno.

Il decennio tra il 1920 e il 1930 non lascia memoria o testimonianza
della vita di Adrian Leverkühn.
C'è un mistero nella dimensione biografica che la documenta,
pagine vuote che velano il suo lungo soggiorno in Francia
nel periodo in cui iniziano a manifestarsi i primi sintomi chiari e penosi
di un suo allontanamento patologico dal mondo reale.
E' questo intervallo che vado a indagare, che sento di dover chiarire una volta per tutte.
Vorrei capire cosa aveva scoperto Adrian  della musica o di quei luoghi,
quale fu la rivelazione tanto potente da trascinarlo fuori e lontano dalla realtà sensibile
e quali furono le circostanze che lo hanno condotto a conclusioni tanto irragionevoli.
E infine, ma non ultimo, cosa è rimasto di tutto questo nel mio sangue.

La mia speranza di trovare proprio in quegli spazi le chiavi del genio di Adrian
potrà di certo sembrare un'illusione chimerica e lontana da ogni logica;
Proust ha lasciato alcune pagine che sfiorano questo argomento
partendo da una confutazione del metodo critico di Sainte-Beuve,
interamente sviluppato, a parer suo, sull'ipotesi sbagliata
che siano le circostanze a scrivere la storia dell'arte e non l'opera stessa.
E sicuramente aveva ragione.

Ma io rimango convinto che tutta la storia di Adrian e buona parte della sua opera
sia indissolubilmente legata a quei luoghi, a quelle atmosfere,
e al suo tentativo accanito di rivelarle come qualcosa di conforme e propizio
ad una spontanea traduzione artistica, come aveva magistralmente dimostrato Marcel Proust.
E come Adrian finì per confermare negli anni seguenti,
anni che coincidono con il suo lungo soggiorno in quella regione della Francia,
e con l'uscita dei suoi grandi capolavori,
composizioni che non diedero più spazio
a riserve, precisazioni, critiche, fischi o sgnignazzi,
prospettive musicali che tutti applaudirono con emozione e incanto.

Quindi mi sto preparando per la partenza.
A fare i bagagli non ci metterò molto
perchè mi bastano i ricambi necessari a un ciclo di lavaggio,
il computer portatile e qualche quaderno di appunti.

Non penso ci vorrà molto tempo per accumulare il denaro necessario,
ormai lavoro quasi tutte le sere alla Contea, che è l'osteria musicale mostrata nella foto sopra.
Mangio lì perchè c'è un bravo cuoco egiziano specializzato in antipasti piemontesi e tiramisù
Questo mi assolve abbondantemente dal problema dell'alimentazione
e così in pratica tutto quello che guadagno viene messo da parte per finanziare questo viaggio.
Intanto continuo a suonare, a scrivere e pensare musica. E mi godo questo lavoro nuovo perchè mi permette
di avvicinare molti bravi artisti, di scambiare idee e parlare di musica.
La vocazione di questo locale era di fare uscire i musicisti dalle loro cantine
attrezzate a sala prove domestiche, con l'offerta di un palco e un pubblico.

E così è stato, ogni sera un gruppo nuovo,
per almeno trecento sere di musica all'anno.
I cinquanta musicisti di valore che ci sono a Torino hanno soddisfatto questa richiesta di novità organizzandosi in gruppi sempre diversi che vivono grazie alle infinite variazioni del loro mescolarsi tra loro per formare trii, quartetti, quintetti che assumono nomi sempre diversi.
Sono loro a parlarmi della complessa arte dell'esibizione dal vivo, del rapporto con un pubblico sempre più distratto e poco incline ormai a decifrare costruzioni armoniche complesse,
che non si presentino con un ritmo continuo
e un ostinato che si ripete implacabilmente per l'intero brano.
Serve a non pensare, mi dicono, adesso vogliono quello.

Ale suona il sax con chiunque,
che sia jazz, blues, funky, bossa, free-jazz.
Considera questo ritrovo l'ultimo baluardo di resistenti
che vogliono testimoniare e difendere la sopravvivenza del pensiero musicale. Forse è un membro della compagnia d'Oriente
ma non lo dice.
E' un idealista, gli piace bere, ridere, chiacchierare e suonare il suo sax.

Due sere fa era qui per ascoltare i Lingomania,
guardava quel pubblico distratto e distaccato.
Al terzo bicchiere era ubriaco e come al solito ha iniziato
a spararle grosse, si è messo a raccontare a tutti
che lui il 16 Maggio del 1906 era a Graz, in Austria,
per la presentazione dell'opera "Salomé" di Richard Strauss.
Non chiariva le circostanze della sua presenza in quei tempi
ma era sicuro di ricordarli con chiarezza,
Ho visto Puccini, Shonberg, Mahler, Berg..Alma, bellissima, credo di avere intravisto Hitler..era un ragazzetto, poteva avere sedici, diciassette anni..

Io al tuo posto lo avrei acchiappato subito
e avrei evitato un sacco di grane a tutti,
dice Michele e tutti ridiamo, anche Ale.
Perchè gli piace bere suonare, inventare storie e ridere.

Forse sono questi gli spiriti che cercavo nella premessa di questo diario, anime che ho trovato nella vita reale,
e non sul web come era nelle mie ipotesi, smentite dall'evidenza di essersi rivelato come una sala sempre più popolata ma muta e passiva, un luogo che forse non può che essere conforme a come siamo oggi, del resto che mi aspettavo?
La scoperta di esserne così sorpreso mi ha fatto pensare a mia suocera che mi ha ripetuto per tutta la sua vita che vivo di ingenuità e sogni fantastici. Era il suo modo di volermi bene.

Ad Ale, il suonatore di sax, non ho voluto dire che se fosse stato davvero a quella prima a Graz avrebbe potuto incontrare anche mio nonno, che era sicuramente presente come racconta Mann
nel Doctor Faustus.
Adrian aveva 21 anni e certamente non si sarebbe mai perso un evento musicale di quella portata.

Ma non ho voglia di passare anche qui per eccentrico o visionario o per aggiungermi ai cento cantastorie di questo ritrovo.

Così rido con gli altri e non dico niente.

E mentre la movida notturna in città si scatena in danze tribali e dionisiache, loro quassù in collina si incontrano per consumare jazz, blues, funky, vecchie citazioni nostalgiche e innamorate della musica di una volta. Mi piace questo lavoro.

Sarà per la leggera fragranza di nostalgia che questo ritrovo traspira,
come se aprisse una porta che mi rimanda indietro negli anni passati,
l'umore che mi ha portato a scrivere un tango.
O saranno gli studi di armonia che progrediscono
con l'introduzione di nuovi accordi alterati,
che trovano una sicura applicazione nel tango moderno.

Musica di genere, una forma che non ho mai esplorato.
Contemporaneamente studio gli accordi alterati,
di cui questo tango è una prima applicazione,
preparo la pagina del diario sui nuovi accordi introdotti, esempi, possibilità,
penso molto alla musica che da questo tango accelera e raddoppia il ritmo
perchè compaiono e si affermano i sedicesimi,
Le possibilità armoniche di questi nuovi accordi,
le seste aumentate le none, la napoletana allargata, il IV alterato...
tutto da digerire, mentre preparo i pochi bagagli che mi servono per partire.

Mann racconta che l'incontro con Esmeralda, durante il viaggio di Adrian
verso Graz segna l'inizio della sua malattia mentale, dovuta in larga parte
ai guasti della sifilide contratta in occasione di quell'unico incontro.

La cifra musicale di Adrian corrispondente a Esmeralda, secondo Mann era Si, Mi, La, Do, Lab
e rientra nei miei progetti il proposito di sviluppare questa stringa, indagarne il significato.

Io sono certo invece che le cause e soprattutto i principi dell'instabilità mentale del nonno
vadano ricercati in Francia, nel decennio 1920-30 quando Adrian scomparve sulle tracce di Marcel Proust.
Il periodo in cui scrisse i grandi capolavori.
E' per questo che ho fretta di partire.
Perchè potrebbe essere nascosta in quei luoghi la chiave che sto cercando.
Adrian l'aveva trovata proprio lì

  
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